Il ricordo di Alfredo Covelli a novantanove anni dalla nascita
Il Passo di Dentecane evoca scenari particolari e muove la fantasia alla ricerca di racconti ammalianti. Appunto si narra di una leggenda epica accarezzata dal vento. Certo, non è facile scindere la realtà dalla fantasia; tuttavia è bello immaginare che sia vero. In quel silenzioso luogo Alfredo Covelli all’indomani dell’esito referendario tra Monarchia e Repubblica, come scrisse Giovanni Acocella nel suo libro “Notabili e istituzioni”, tentò di radunare i sudditi fedeli alla Corona rimasti senza Re; alla stregua di un cavaliere errante, di un paladino della causa sconfitta.
Il 22 febbraio è caduto il novantanovesimo anniversario della nascita di Covelli. Il leader del PNM sarà ricordato sempre per la lungimiranza politica; il suo pensiero è ancora oggi dibattuto e analizzato dagli storici. Covelli riuscì a vedere il futuro. Per davvero. Mise le basi per la costruzione di una destra innovativa, senza preclusioni. Questo sicuramente è un merito che gli va riconosciuto.
Nacque a Bonito nel 1914; si laureò in Lettere, in Giurisprudenza e in Scienze Politiche. Negli anni trenta insegnò greco e latino allo storico liceo classico “Pietro Giannone” di Benevento.
Fortificò la fede monarchica nell’ottobre del 1943 dopo aver visto Vittorio Emanuele III da solo al porto di Brindisi. Quel colloquio così melanconico e così languido forgiò ancor più lo spirito devoto del Nostro, sempre ardimentoso e sempre attaccato alla Patria. Prese parte alla Seconda Guerra Mondiale con il grado d’ufficiale dell’aeronautica militare e tornò a casa con una decorazione al valore militare.
Partecipò alla costituente con il Blocco Nazionale per la Libertà, un raggruppamento conservatore e liberale. Subito dopo la sconfitta referendaria del due giugno 1946 fondò il Partito Nazionale Monarchico e ne divenne il segretario; fu eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel1948. Covelli fu un arcigno sostenitore della dinastia Sabauda; intravide nel saluto del Re Umberto II in partenza per l’esilio un messaggio di speranza.
Dopo la campagna elettorale del 1948, il partito si contraddistinse per una chiara presa di distanza nei confronti della DC. Ciò fece del PNM un partito anti potere: nel 1958 i monarchici riuscirono a vincere anche ad Avellino con Olindo Preziosi. In Irpinia e nel Sannio si perpetuò lo scontro con lo Scudo Crociato. Questa contrapposizione si acuì ancora di più, quando Fiorentino Sullo per battere gli avversari tentò uno sfondamento nella Coldiretti e introdusse la classe medica in politica. Tuttavia in quel periodo il partito della Stella e Corona si fregiò della presenza di personalità di spessore come Emilio D’Amore e Alfredo De Marsico.
Covelli ha creduto fermamente nel principio monarchico e non l’ha mai barattato. La cosiddetta “Opposizione nazionale” portata avanti dal partito tratteggiava rigorosamente la difesa, estenuante dell’istituto deposto dal referendum. Così come ha prestato fede fortemente nel principio democratico. Ha continuamente definito il suo partito “democratico, popolare e d’opposizione”.
Fu uno schietto uomo delle istituzioni. Nel Parlamento riponeva le più alte aspettative. Fu un fermo oppositore del centrismo degasperiano: ipotizzò il suo superamento nell’ambito di una riorganizzazione dell’assetto politico generale. Il centrismo, in pratica, precludeva ai monarchici la possibilità di un inserimento nel contesto nazionale. Già negli anni sessanta paventava la nascita di una forte destra moderna e liberale con la vocazione del governo. Sognava una destra responsabile, rigorosa e democratica: immaginava il futuro a occhi aperti. Nel 1967 promosse un’iniziativa d’area rivolta al Movimento Sociale e al Partito Liberale: cercò un dialogo al fine di far nascere un’intesa tra le forze non marxiste per la genesi della Costituente democratica nazionale. Nel suo bagaglio personale non è mai mancato il rispetto per la democrazia, valore che ha perpetuamente indicato la strada maestra. E in questo fu pragmatico, poiché si schierò apertamente a favore del Patto Atlantico per tutelare la libertà e si allineò su posizioni europeiste. Fu componente della Rappresentanza parlamentare al Parlamento Europeo nella quinta, nella sesta e nella settima legislatura. Per Covelli l’Europa unita ha rappresentato certamente un traguardo notevole. Nei comizi e negli interventi parlamentari non mancarono i richiami alla Cattolicità, inquadrata come trave principale della società italiana; sono ben note le sue arringhe a difesa della Religione contro la sinistra.
Contrastò con sagacia il regionalismo, poiché secondo la sua visione minava alla stabilità e all’Unità della Nazione nata dal Risorgimento.
Attraverso le capacità del leader, il partito riuscì addirittura a portare in Parlamento quaranta deputati e diciotto senatori negli anni cinquanta. Ciò nondimeno il movimento s’indebolì dopo la scissione perpetuata dall’Armatore napoletano Achille Lauro: il “comandante” nel 1954 abbandonò il PNM per fondare il Partito Monarchico Popolare. La decisione scaturì in base ad alcune divergenze. Covelli, come detto, mirava alla costruzione di una destra di governo; Lauro, invece, paventava un’alleanza con la Democrazia Cristiana. D’altro canto le due figure furono antitetiche fra loro e, per certi aspetti anche agli antipodi. Il primo fu un politico sobrio, imperterrito e paladino dell’Ideale; il secondo incarnò la figura del populista, amato dal popolo, soprattutto da quello della sua Napoli. La frattura si sanò nel 1959. Il Partito Democratico Italiano d’Unità Monarchica nacque dalla fusione dei due schieramenti; ma la lista non portò i risultati sperati. Alle elezioni politiche del 1968 il PDIUM ottenne 414,507 voti alla camera e 312,621 al Senato che produssero l’elezione di sei deputati e di due senatori.
Ciò spinse Covelli verso la ricerca di nuove mete. Nel 1972 si materializzò una parte del disegno agognato da anni: germogliò la Destra Nazionale grazie all’intuizione politica di Giorgio Almirante. Così fece confluire la sua formazione all’interno del Movimento Sociale Italiano ribattezzato MSI – DN e ne divenne il presidente. La “grande destra” cominciò a muovere i suoi primi passi. Una delle prime battaglie fu quella per la casa: con quest’operazione il partito riuscì a inglobare una piccola parte di voti provenienti dalla Democrazia Cristiana e dal Partito Comunista. Nel 1976 aderì a Democrazia Nazionale, partito sbocciato dalla corrente moderata del Movimento Sociale per opera di Ernesto De Marzio. Il gruppo della “coccarda” cercò una fuoriuscita dalle secche di una destra legata ancora al passato. L’ingresso in Democrazia Nazionale fu la normale evoluzione del percorso intrapreso in concreto da sempre; Covelli prima di lasciare il MSI scrisse una lettera di dimissioni rivolta ad Almirante, nella quale costatò l’impossibilità di una sintesi armonica tra le varie anime del partito. Ma le speranze riposte nel nuovo soggetto politico furono spazzate via dalle elezioni del 1979. I demonazionali, nonostante l’esito elettorale, portarono in politica un’offerta affascinante ed intrigante; anticiparono i tempi e forse proprio per questo motivo non ottennero i risultati sperati. Dopo questa esperienza Alfredo Covelli si ritirò pian piano dal panorama politico. Fu nominato Presidente Onorario della Consulta dei Senatori del Regno dal Capo di Casa Savoia il 15 maggio 1998; morì il giorno di Natale dello stesso anno.
Gianfranco Fini ha intravisto nel leader di Bonito ascendenze culturali che prendono spunto dal conservatorismo inglese. Probabilmente è possibile scorgere un sedimento del suo pensiero anche nella cultura di governo nord europea. C’è un sottilissimo filo che lega, seppure in modo flebile, Covelli allo svedese Gösta Bohman e al suo Partito Moderato Unito.
Il politico di Bonito fu un grande uomo del Sud, legato a valori immutabili nel tempo. Fu un ottimo oratore, un leader pacato; concepì continuamente l’attività parlamentare come una missione e non come una professione. Indubbiamente oggi è quantomeno necessario riscoprire lo spessore morale del pensiero covelliano per proporre le idee più interessanti, quelle che non sono state sconfitte dal tempo, quelle che hanno segnato il cammino della nuova politica.
Romeo Castiglione
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